La Cassazione, con sentenza del 30 marzo 2017 n. 8260, ha ritenuto poter integrare un’ipotesi di dolo omissivo ex art. 1439 c.c. il comportamento del datore di lavoro che intenzionalmente abbia omesso di comunicare al lavoratore circostanze rilevanti e di interesse per quest’ultimo, viziandone così la volontà all’atto della sottoscrizione in sede protetta di un verbale contenente l’accettazione del licenziamento, che risulta dunque annullabile.
Se il principio in astratto pare del tutto condivisibile e tutt’altro che innovativo, desta invece una qualche perplessità la sua applicazione al caso concreto.
Nel caso di specie, infatti, il comportamento del datore di lavoro posto sotto esame era stato quello di aver espressamente incluso nella comunicazione d’avvio della procedura ex art. 24 L. 223/1991 la posizione del lavoratore fra quelle eccedentarie, salvo aver assunto poco tempo dopo altro lavoratore per la medesima posizione (circostanza taciuta al lavoratore).
La Corte, nel cassare la sentenza della Corte d’Appello milanese che aveva escluso che tale circostanza potesse assumere rilievo, ha investito i Giudici del rinvio del compito di valutare se la condotta datoriale sopra descritta possa integrare gli estremi del dolo omissivo, inducendo il lavoratore a sottoscrivere l’accordo sulla base di una falsa rappresentazione della realtà.