Una recente pronuncia della Corte di Cassazione affronta il tema dell’applicabilità o meno dell’art. 72 L. Fall. ai rapporti di lavoro.
È necessario premettere che la pronuncia in esame è relativa a una fattispecie disciplinata dall’art. 72 L.Fall. ante riforma, ma i principi ivi contenuti ben possono estendersi alla formulazione oggi in vigore.
L’art. 72 dispone che i rapporti pendenti rimangono sospesi fino a quando il Curatore non decide se subentrare nel rapporto oppure sciogliersi.
Con riferimento ai rapporti di lavoro tale disposizione deve leggersi in combinato disposto con l’art. 2119 c.c. che al secondo comma prevede che il fallimento dell’imprenditore non costituisce giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro.
Sul punto in giurisprudenza e in dottrina si sono fatti strada numerosi orientamenti e due hanno avuto maggior seguito: uno, più garantista, ritiene che i rapporti di lavoro debbano proseguire automaticamente in virtù del disposto dell’art. 2119 c.c. e l’altro, più attento al dato letterale e al coordinamento tra le due norme, sostiene che anche per i rapporti di lavoro operi la sospensione ex art. 72 L. Fall.
Ebbene, la sentenza n. 522 della Suprema Corte pubblicata l’11 gennaio 2018 aderisce al secondo orientamento, stabilendo che – in assenza di un esercizio provvisorio da parte della Curatela – il rapporto, pur rimanendo formalmente in essere, rimane sospeso: il lavoratore non presta la sua attività lavorativa e, di contro, non percepisce la retribuzione.
Qualora il Curatore decida di sciogliersi “dovrà farlo nel rispetto delle norme limitative dei licenziamenti individuali e collettivi, non essendo in alcun modo sottratto ai vincoli propri dell’ordinamento lavoristico perché la necessità di tutelare gli interessi della procedura fallimentare non esclude l’obbligo del curatore di rispettare le norme in generale previste per la risoluzione dei rapporti di lavoro”. La Corte prosegue aggiungendo che “il lavoratore può reagire al recesso intimato dal curatore con gli ordinari rimedi impugnatori”.
Ne discende che nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie, i licenziamenti siano più di quattro, il Curatore dovrà avviare la procedura di cui alla L. 223/91, con tutte le conseguenze reintegratorie e/o risarcitorie in caso di violazione “nei limiti in cui le stesse siano compatibili con lo stato di fatto determinato dal fallimento”.
Seppur la pronuncia nulla dica sul punto, dalla decisione della Corte ne discende altresì che qualora il Curatore voglia sciogliersi dal rapporto dovrà procedere a un licenziamento per giustificato motivo oggettivo – considerato che il fallimento di per sé non costituisce giusta causa – e che pertanto gli spetterà l’indennità sostitutiva del preavviso.