Con la sentenza n. 376/2019 del 30 aprile 2019, la Corte d’appello di Milano ha affrontato il tema della decorrenza della prescrizione in costanza di rapporto di lavoro alla luce delle modifiche apportate dalla L. 92/2012 all’art. 18 L. 300/1970.
La Corte conclude che, anche laddove al rapporto di lavoro si applichi l’art. 18 novellato dalla c.d. legge Fornero, la prescrizione non decorra in costanza di rapporto. Secondo il Collegio, il lavoratore “si trova in una condizione soggettiva di incertezza circa la tutela (reintegratoria o indennitaria) applicabile nell’ipotesi di licenziamento illegittimo, accertabile solo ex post nell’ipotesi di contestazione giudiziale del recesso datoriale”.
La sentenza ha richiamato i principi espressi dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 63/1996 e n. 174/1972, secondo i quali la prescrizione dei crediti retributivi non decorre durante il rapporto di lavoro, salvo che per i rapporti caratterizzati da c.d. stabilità reale, e i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. Un. n. 4942/2012 e Cass. n. 4520/2000), secondo i quali la decorrenza o meno della prescrizione nel corso del rapporto di lavoro va verificata con riguardo all’effettiva esistenza in concreto di una situazione di “metus” del lavoratore.
La conclusione della Corte ambrosiana, a prescindere dalle perplessità che suscita sul piano dogmatico, porta a rilevantissime conseguenze sul piano pratico: la prescrizione dei crediti retributivi non decorrerebbe mai in costanza di rapporto di lavoro (le medesime argomentazioni non potrebbero non valere, infatti e a maggior ragione, con riguardo ai contratti di lavoro “a tutele crescenti” stipulati dopo il marzo 2015). Resta poi da chiarire la sorte dei crediti dei lavoratori sorti in vigenza della tutela reale del vecchio testo dell’art. 18, che per pacifica giurisprudenza erano oggetto di prescrizione estintiva anche in corso di rapporto.