La Corte di Cassazione, con la sentenza 30 settembre 2016 n. 19577, ha affrontato il tema dell’applicabilità o meno della tutela di cui all’art. 18 l. 300/1970 ai licenziamenti operati da datori di lavoro “transnazionali”, che non occupino più di quindici dipendenti nell’unità produttiva e nel comune coinvolti, né più di sessanta dipendenti nel territorio nazionale, ma che superino tale seconda soglia su scala mondiale.
Si tratta, a quanto consta, della prima sentenza di legittimità sul tema, almeno nell’attuale contesto normativo (i pochi, risalenti e contraddittori precedenti – Cass. 5329/1978 e Cass. 1324/1987 – erano antecedenti alla riforma di cui alla l. 108/1990); una sentenza che, peraltro, contraddice l’orientamento che, sia pure non univocamente, andava consolidandosi nei Tribunali e nelle Corti di merito (oltre alla sentenza della Corte ambrosiana cassata dalla Suprema Corte con la pronuncia in esame, si veda App. Roma 29 marzo 2007, in D&L 2007, 3, 905).
Il dubbio interpretativo deriva dal fatto che l’art. 18 l. 300/1970, nel fissare la soglia dei sessanta dipendenti, oltre i quali trova applicazione la tutela ivi prevista, non definisce alcun ambito territoriale entro il quale effettuare il computo.
La Suprema Corte, con la sentenza in esame, ha statuito che il computo dei dipendenti debba essere effettuato solo con riferimento al territorio nazionale, essendo invece irrilevante il numero di dipendenti occupati in altri Paesi.